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Serotonina

Serotonina

È anche chiamato l’ormone della felicità. Viene secreta dalla ghiandola surrenale e agisce come stabilizzatore dell’umore, in quanto produce una sensazione di felicità ed euforia, aumentando la voglia di vivere.

 Legumi come fagioli, piselli e lenticchie, grazie alla loro forte componente proteica e fibrosa, forniscono al corpo un alto livello di triptofano, e quindi di serotonina.

Lo sport e il sole sono una fonte inesauribile e naturale di serotonina.

E poi c’è il farmaco la paroxetina che agisce aumentando i livelli di serotonina, molecola nota come “ormone del buonumore”.

Quando si viene abbandonati si abbassa drasticamente il livello di serotonina, con effetti quali l’insonnia, l’irritabilità e la mancanza di appetito.

E’ la dopamina che aumenta l’energia vitale, il desiderio di amare, di conquistare, di esistere facendo: ed ecco l’“inquieta inerzia”, come già la definì Lucrezio, quello state fermi inquieto e sofferente, in cui stiamo male dappertutto, e nulla più ci dà gioia o ci solleva dalla nostra voragine di dolore.

Ma il dolore d’amore riduce anche la serotonina, il mediatore che regola il tono dell’umore: ed ecco la malinconia, la nostalgia – non a caso “il dolore del ritorno” – la tristezza fino alla disperazione, l’angoscia, il pianto, il dolore “viscerale”.

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Il dolore dell’abbandono, reale o temuto, è un potentissimo fattore di stress, innanzitutto fisico. Lo vive il neonato, lo vivono i cuccioli allontanati dalla madre. Lo riviviamo da adulti e, in modo ancora più straziante, da anziani, perché viviamo l’abbandono, e la solitudine che ne consegue, come una minaccia per la nostra stessa vita.

Aumentano per giorni e settimane gli ormoni dello stress: sono loro che rendono inquieto il sonno, fino a causare l’insonnia più feroce.

Il dolore d’amore abita  tutto il nostro corpo quando non riusciamo a superare la perdita, quando non riusciamo a ritrovare fiducia nella possibilità di amare e di essere ricambiati ancora. Oppure quando, come nell’anziano, l’abbandono lo consegna alla tremenda irreparabile solitudine delle case di riposo.

Basterebbe un po’ d’amore per ristabilire il giusto livello di serotonina.

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